Sono molto felice che, ancora una volta, il gentilissimo Seb Reilly, editore e giornalista, abbia apprezzato il mio nuovo racconto di nonfiction che è appena uscito in inglese sulla rivista Seaside Gothic. Come sempre, il racconto si divide tra viaggio, leggende e mistero. Sia in cartaceo che ebook.

https://seasidegothic.com/shop/issues/issue-13
https://seasidegothic.com/nonfiction/the-curse-of-the-sea-castle




Quadro Carlotta – Yacht Fantasie

Cartolina anni ’90 – Viviana De Cecco
Immaginiamo un vascello che, in una notte di tempesta, rischia di naufragare lungo le coste del Golfo di Trieste, nella regione italiana del Friuli-Venezia Giulia. Un ammiraglio, riparatosi con il suo equipaggio nell’insenatura di Grignano, protetta da un’alta scogliera, resta così affascinato dall’incontaminata bellezza di quel luogo che decide di costruirci un castello. È il giovane Arciduca Massimiliano d’Asburgo, cognato dell’imperatrice Elisabetta D’Austria, meglio nota con il nome di Sissi. Non si sa se questa sia una leggenda, ma di certo il castello di Miramare e i suoi venti ettari di parco affacciati sul mar Adriatico, custodisce nelle sue immense stanze e tra i giardini lussureggianti tragici misteri e leggende di fantasmi, che si tramandano da quasi due secoli. Costruito fra il 1856 e il 1860, prende il nome dalle parole spagnole Mira El Mar (cioè “guarda il mare”) e diventò la dimora di Massimiliano e di sua moglie Carlotta del Belgio. Con le sue mura bianche e la torre merlata che svetta proprio sull’orlo della scogliera, sembra risorto da un sogno romantico, ma le storie che si raccontano lo trasformano nella cornice perfetta per una favola gotica.
Un’oscura maledizione di morte e follia aleggia su quest’edificio ricco di storia e d’inquietante fascino. Me la raccontò un anziano professore che incontrai per caso durante una visita al Castello. Ogni anno, fin da bambina, io e i miei genitori andavamo in Friuli a trovare mia nonna paterna e i miei zii. Benché Trieste fosse piuttosto distante dal paese in cui trascorrevamo le vacanze estive per tutto il mese di agosto, valeva sempre la pena ritornarci.
Nel 2001, dopo aver fatto un giro per la città, pranzammo nel ristorante “La Marinella”, situato sul lungomare a pochi passi dal castello e che, prima di chiudere definitivamente, era rinomato per la sua prelibata pastasciutta agli scampi. Soddisfatti di aver gustato quelle prelibatezze, ci avviammo a piedi verso l’ingresso del maniero, dove acquistammo i biglietti al botteghino. Conoscevo bene quel luogo, ma il suo incanto non finiva mai di stupirmi. Un lungo viale alberato, protetto da un lato da una ringhiera affacciata sul Golfo e dall’altro da un boschetto di pini marittimi, sfociava nell’immenso parco dove Massimiliano d’Asburgo aveva importato fiori e piante da tutto il mondo. Immersi in quell’atmosfera quasi esotica, dove statue e fontane si mescolavano a fiori dai mille colori e profumi, mio padre iniziò a scattare le solite foto ricordo. Mentre ero in posa con mia madre, una coppia di anziani mi guardò sorridendo e l’uomo esclamò: “Attenzione a non disturbare Massimiliano!” Lo guardammo tutti e tre perplessi e lui si avvicinò con la moglie per fare due chiacchiere tra turisti. In realtà, lui era un professore nato e cresciuto a Trieste, esperto di storia locale. Ci spiegò che Massimiliano fu inviato in Messico da Napoleone III di Francia, ma lì venne fucilato dopo terribili torture. La moglie Carlotta, che lo aveva spinto a cercare la gloria perché un po’ invidiosa della cognata Sissi, impazzì di dolore. Decise di trasferirsi nel Castelletto, un edificio più piccolo esattamente uguale a quello principale, che era stato costruito nel parco. Ma anche lì, non riuscì a placare la sua sofferenza. Prima di tornare in Belgio, dove morì qualche anno dopo, pronunciò queste terribili parole: “Tutti coloro che abiteranno sotto questo tetto dovranno morire come mio marito: lontano dalla patria, dagli affetti e di morte violenta.” Quest’oscura profezia, parve avverarsi. Furono molti gli ospiti e i successivi proprietari che fecero una brutta fine. Il primo fu Rudolf, nipote di Carlotta, figlio di Sissi e principe ereditario, che fu trovato morto poco dopo che i genitori presero possesso di Miramare. Alla fine della Prima Guerra mondiale, invece, il nuovo proprietario, il Duca Amedeo d’Aosta, fu inviato in Etiopia dove la tubercolosi lo consumò in un campo di prigionia. L’ultima vittima, fu un generale americano che, dopo aver soggiornato al castello, morì in Korea. L’unico che si salvò fu il comandante neozelandese Bowman, perché fu così furbo da accamparsi per la notte in una tenda in giardino.
“E se entrate nel castello, forse sentirete anche il pianto di Carlotta,” aggiunse il professore, mentre lo ascoltavo con interesse. “Diverse persone hanno dichiarato di aver visto luci accendersi all’improvviso al calar della sera. I custodi hanno trovato alcuni mobili spostati da una stanza all’altra, come tavolini o sedie, senza che li abbia toccati nessuno. Dei turisti hanno visto un giovane biondo, in divisa da ammiraglio, aggirarsi per il giardino a osservare tristemente i fiori.”
Erano davvero i fantasmi di Carlotta e Massimiliano, tornati nel castello dove si erano tanto amati? All’idea che Miramare fosse come quei manieri inglesi dei romanzi gotici che già leggevo, mi vennero i brividi.
“Non dargli retta, i fantasmi non esistono,” disse la moglie del professore, scettica. Tuttavia, quando ci salutammo, provai una sensazione di cupa malinconia. Salendo le imponenti scalinate e passando sotto gli archi di pietra che conducevano verso il portico d’ingresso dell’edificio, mi guardai intorno con sospetto, come se mi aspettassi di scorgere strane ombre spuntare dalle scuderie o dalle serre adiacenti.
Quando entrammo nel castello, la bora, il temibile vento che domina da secoli la città, aveva già iniziato a rinforzare e nel silenzio, interrotto dal lontano garrito dei gabbiani e dallo sciabordio ovattato delle onde che si infrangevano sugli scogli sottostanti, mi parve quasi di udire uno strano sibilo propagarsi fra gli immensi ed eleganti saloni. Al piano terra, un dipinto della stessa Carlotta raffigura un piroscafo a ruote fatto costruire in Inghilterra, lo Yacht Phantasie, con cui i coniugi, partendo dal porticciolo ai piedi del castello, solcavano il mare per le loro gite di piacere. Quando osservai il magnifico ritratto di Carlotta e ci ritrovammo nella camera da letto che aveva condiviso con Massimiliano, temetti di trovarmi di fronte alla giovane sposa addolorata che singhiozzava all’ombra del baldacchino rosso.
Tuttavia, la visita si concluse senza incontri ravvicinati, ma anche oggi Miramare conserva la sua aria gotica, tanto da averla resa la location ideale per il rifacimento italiano del film “Rebecca, la prima moglie”, tratto dal romanzo della scrittrice inglese Daphne Du Maurier. Quando l’ho visto alla televisione, è stato emozionante riconoscere i luoghi dove io stessa sono stata e che sono stati teatro di vite spezzate troppo presto.
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